Epatite C: Faldaprevir efficace anche nei pazienti con mutazione virale Q80K


I dati presentati in occasione del Congresso sull'Epatite HEP DART hanno dimostrato come Faldaprevir, l'inibitore di proteasi sperimentale di seconda generazione, quando usato in combinazione con Interferone pegilato e Ribavirina, sia efficace anche in presenza di mutazioni comunemente presenti nel virus dell'epatite C ( HCV ), come il polimorfismo NS3 Q80K.

La mutazione Q80K è stata rilevata nel 23% ( 49/127 pazienti in STARTVerso 1 ) e nel 40% ( 159/398 pazienti in STARTVerso 2 ) dei pazienti con epatite C di genotipo-1a.
E’ stato dimostrato che la presenza di questa mutazione non impatta negativamente sulla possibilità di ottenere la  guarigione dal virus  ( SVR12 ) nei pazienti con infezione da HCV di genotipo-1 trattati con Faldaprevir più Interferone pegilato e Ribavirina.

Questi dati sono incoraggianti in quanto dimostrano che i pazienti con la variante Q80K del virus dell’epatite C di genotipo 1 possono ottenere benefici da Faldaprevir.
In alcune aree del mondo, la mutazione Q80K è presente in quasi il 50% dei pazienti con epatite C di genotipo-1a, che possono potenzialmente richiedere ulteriori screening prima di iniziare la terapia con gli inibitori della proteasi.
L’efficacia di Faldaprevir nei confronti di questa variante del virus HCV di genotipo 1 consente di evitare di sottoporre i pazienti a queste indagini, prima del trattamento.

La proteasi NS3/4A è fondamentale per la replicazione del virus HCV, ed è un target degli antivirali ad azione diretta, quali Faldaprevir.
La mutazione Q80K di NS3 è il più frequente polimorfismo che può essere presente sul segmento NS3 del virus dell’epatite C di genotipo-1, essendo stata osservata in una percentuale che arriva sino al 47% dei pazienti.
La prevalenza della variante Q80K del virus varia a seconda delle regioni geografiche, ed è particolarmente elevata negli Stati Uniti.

Fonte: Boehringer Ingelheim, 2013

Xagena_Medicina_2013